“Ma sono pazzi?”
“Ma come hanno pensato una cosa del genere?”
“Come gli è venuto in mente?”
Queste tra le più comuni osservazioni che chiunque di noi abbia fatto o visto fare, dire, scrivere, ieri dopo la notizia dello “sbarco” dei nostri compaesani dal Nord.
Viviamo un momento storico molto particolare, pieno di incertezze e di contraddizioni, a cui mancava soltanto condire il tutto con una bella pandemia!
La parola forse più cliccata di queste ore sul web è infatti “Coronavirus”, e non credo di sbagliarmi affermando che abbia ormai superato di gran lunga anche giganti mediatici come “signorine con le tette grosse” o “modi di evadere le tasse libero professionista”.
E Aranzulla, mi spiace, ma secondo me per ora sei indietro pure tu.
In realtà sta succedendo adesso ma è accaduto tantissime altre volte. La più recente fu forse durante la proiezione a Torino di una importante partita di Champions League, in cui una folla di gente terrorizzata da un falso allarme di attentato si trasformò in un fiume in piena che travolse anche numerose vittime.
Insomma, un insieme di persone, che anche non si conoscono personalmente , ma vengono a costituire una rete, spegne il cervello e inizia a compiere una o più azioni in modo concitato, a seguito di un evento vicino temporalmente che evidentemente li sconvolge e li destabilizza. Magari imitano quello che vedono fare ad un loro vicino di posto, magari fanno quello che hanno sentito il giorno prima fare dai coinquilini del piano di sotto, perché a loro volta lo hanno fatto anche i cugini che stanno nel quartiere vicino, ed è – segno – che- la -cosa- è- seria.
Sono siciliana, e da noi c’è un detto che dice “Pigghia i cunsigghi i tutti, ma u toi no lassari”.
La traduzione per i continentali è : “Ascolta i consigli di tutti, ma il tuo non lasciarlo mai”.
Ecco, in questi casi avviene esattamente il contrario di ciò che la saggezza popolare suggerisce.
I colleghi sapranno, ma gli altri forse no, che nel giro di qualche secondo, tutto avviene infatti in modo molto irrazionale, è come se il nostro cervello si spegnesse, paralizzato dalla paura.
Ma una macchina senza motore non può funzionare, e allora come misura di emergenza ultima inseriamo il pilota automatico. E’ come se ammettessimo di non sapere cosa fare, come se andassimo in tilt, e ci serve una soluzione. Tutto questo naturalmente succede in un nanosecondo.
Nel nostro caso il pilota automatico è il nostro contesto sociale. Se siamo fortunati è un bel contesto, facciamo la scelta per noi più congeniale e ci è andata di lusso.
Se siamo sfortunati, siamo circondati da gente in qualche caso molto più atterrita di noi che sa solo terrorizzarci maggiormente rispetto a quanto non riusciamo già a fare da soli.
Ma succede, e soprattutto, anche l’inverso. Cioè riusciamo a nostra volta a terrorizzare una persona che fino a quel momento presentava un funzionamento presumibilmente equilibrato.
Perchè?
Le nostre relazioni, il modo in cui esprimiamo le nostre emozioni, sono attribuite all’azione dei neuroni specchio, una delle scoperte più affascinanti dell’ormai secolo scorso.
Grazie ai neuroni specchio siamo in grado di provare le stesse cose che prova il nostro amico che ha conseguito un successo importante, senza averlo fatto noi materialmente, e ovviamente anche il contrario, per cui soffriamo quando nostra sorella soffre, e vorremmo prendere a pugni quel cattivone che tanto la fa piangere.
In questo modo ci arricchiamo, direte voi. Certo. La vita è più bella soprattutto quando è condivisa, e spesso in gruppo fuoriescono aspetti di noi e qualità che non conosceremmo altrimenti. Ne sanno qualcosa gli adolescenti che non vivono senza amici. Che tenerezza.
Ma l’altro lato della medaglia è che l’appartenenza a un gruppo, o ad una rete, produce in noi anche un fenomeno di spersonalizzazione.
Che non è una brutta parola, né una malattia grave. 🙂
In qualche modo, non succede per sempre, ma perdiamo temporaneamente la nostra capacità di giudizio, la nostra unicità, ciò per cui siamo maledettamente speciali, anche quando facciamo la scemenza più grande della nostra vita, perché è la NOSTRA.
Dunque il contesto in cui si trova può cambiare la reazione di una persona ad un evento?
Assolutamente si.
Dunque insulteremo ancora i nostri conterranei scesi all’impazzata per contagiarsi l’uno con l’altro su vari treni stretti stretti come le sardine?
No, ma possiamo tranquillamente dire loro che sono stati deficitari di autocontrollo. 🙂
Non siamo d’accordo, ma un pochino possiamo comprendere.
La cosa più importante che mi ha insegnato la psicologia è questa. Come comprendere. Per assorbire, in modo da limitare i danni, i nostri e quelli degli altri.
Maria De Gaetano